4 maggio 2012

Dolore rotuleo - Ginocchio Femoro-rotulea



  • Che cos'è il dolore rotuleo?

Il dolore rotuleo (o disallineamento dell'apparato estensore, o strabismo rotuleo) è una sindrome dolorosa provocata da un difettoso scorrimento della rotula nel proprio solco, la troclea femorale.
La rotula è un anello fondamentale della catena muscolo-tendinea che rende possibile l'estensione del ginocchio (e quindi la deambulazione, la stazione eretta, e la quasi totalità delle nostre attività motorie). In questa catena, la rotula è compresa tra il muscolo quadricipite (il principale muscolo della coscia) e il tendine rotuleo, che, inserendosi sulla tibia a livello dell'apofisi tibiale anteriore, pemette di trasformare la contrazione del muscolo in estensione del ginocchio.
Per poter scorrere liberamente, la rotula possiede un "binario" scavato nella parte terminale del femore, la troclea. L'articolazione deputata a questo scorrimento è l'articolazione femoro-rotulea, che è parte integrante del ginocchio di cui costituisce uno dei tre compartimenti.
Come si vede nell'illustrazione sottostante, dove tendini e muscoli sono stati disegnati su di una radiografia laterale del ginocchio, la rotula scorre sulla troclea ogni volta che il ginocchio si flette o si estende.

  • Chi ne è colpito?

Il dolore rotuleo è un'affezione estremamente comune, che colpisce in prevalenza il sesso femminile in età giovanile e giovane-adulta.

  • Quali sono le cause?

Le cause di dolore rotuleo sono molteplici, ma tutte determinano un incongruenza tra il percorso seguito dalla rotula e quello tracciato dalla troclea femorale.
In particolare le più frequenti cause sono il ginocchio valgo (perchè la troclea si trova angolata rispetto all'apofisi tibiale anteriore) i vizi torsionali del femore o della tibia (perchè la troclea si trova ruotata all'interno rispetto all'apofisi tibiale anteriore), un muscolo quadricipite displasico (perchè traziona la rotula non lungo l'asse, ma in modo asimmetrico verso l'esterno) o una rotula alta (perchè non può sfruttare la "guida" della troclea).

  • Come si manifesta?

Il dolore rotuleo è un dolore subdolo, spesso solo un fastidio, che si manifesta in prevalenza quando il paziente è costretto a rimanere a lungo seduto, con le ginocchia flesse. Anche la discesa delle scale può essere dolorosa, mentre difficilmente si avvertono disturbi nella camminata in piano.
Il dolore è tipicamente anteriore, tutto attorno alla rotula.

  • Esistono diversi livelli di gravità?

A seconda del grado di disallineamento tra percorso rotuleo e guida trocleare è possibile individuare quattro livelli di gravità crescente:
I) iperpressione esterna: la rotula è centrata nella gola della troclea, ma esercita un'eccessiva pressione sulla parete laterale;
II) sublussazione: la rotula, ai primi gradi di flessione, si lateralizza rispetto alla gola trocleare, per rientrarvi solo in completa flessione;
III) lussazione ricorrente/abituale: la rotula abbandona completamente il proprio solco, dislocandosi verso l'esterno durante la flessione (episodicamente o costantemente).
IV) lussazione cronica: la rotula rimane permanentemente dislocata verso l'esterno, lasciando disabitata la troclea. In genere è una malformazione congenita.

  • Che cosa comporta a lungo termine?

Qualsiasi condizione in cui la meccanica articolare sia alterata espone al rischio di sviluppare un'artrosi, nella fattispecie un'artrosi femoro-rotulea.
Bisogna tuttavia sottolineare che l'entità dell'alterazione condiziona la probabilità della degenerazione: quindi un'iperpressione semplice ha scarse possibilità di tradursi in artrosi precoce, mentre una sublussazione corre un rischio molto maggiore .

  • Quali esami sono utili?

La diagnosi di sindrome rotulea è squisitamente clinica, cioè fatta dallo specialista durante la visita. Le radiografie servono a confermare la diagnosi e a permettere una stadiazione di gravità. La radiografia nelle proiezioni assiali di rotula (a 30° e 60° di flessione), in aggiunta alle proiezioni standard del ginocchio, permette di esaminare, a diversi gradi di flessione, la posizione della rotula rispetto al solco trocleare.
Nell'esempio seguente si osserva un quadro di iperpressione esterna in entrambe le ginocchia:
Solo a quei pazienti cui si prospetti un intervento chirurgico l'ortopedico potrà richiedere ulteriori indagini, che permettano di pianificare al meglio la procedura: in genere una teleradiografia in carico (ovvero una lastra lunga che comprende la totalità degli arti inferiori) ed eventualmente uno studio torsionale TAC degli arti inferiori.

  • Come si cura?

La maggior parte delle sindromi rotulee trova beneficio nel trattamento riabilitativo. Questo deve tendere al potenziamento selettivo di quella parte del muscolo quadricipite (vasto mediale) che permette di correggere il cattivo scorrimento, mentre deve mirare all'allungamento altrettanto selettivo di quella parte che contribuisce al cattivo scorrimento (vasto laterale). Solo un programma specifico può ottemperare a questi criteri. L'adozione di una ginocchiera di stabilizzazione rotulea, infine, può rivelarsi utile nella pratica sportiva.
I casi refrattari alle cure kinesiterapiche sono candidati a terapia chirurgica, purchè il disturbo sia significativo e/o il disallineamento sia grave al punto da far prevedere un'artrosi precoce. Non esiste un trattamento univoco, poichè la scelta della procedura dipende essenzialmente dalla causa del disallineamento: se la causa è il ginocchio valgo, si eseguirà un'osteotomia correttiva; se la causa è vizio torsionale si eseguirà una trasposizione dell'apofisi tibiale anteriore o, nei casi più severi, un'osteotomia derotativa; se la causa è una displasia quadricipitale, si eseguirà una plastica del quadricipite...
Infine, se il disallineamento ha già condotto ad un'artrosi femoro-rotulea importante, è possibile impiantare, in casi molto selezionati, una protesi femoro-rotulea.
La terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata saltuariamente nei momenti di maggiore acuzie, ad es. dopo una prestazione sportiva.
La categoria farmacologia fondamentale è rappresentata dagli antiinfiammatori/antidolorifici.



Tendinite rotulea - Ginocchio



  • Dove si trova il tendine rotuleo?

Il tendine rotuleo è il robusto tendine terminale del maggior muscolo della coscia, il quadricipite. E' teso tra la rotula e l'apofisi tibiale anteriore, protuberanza che si può palpare con facilità circa 4 dita trasverse al di sotto della rotula, sulla faccia anteriore della gamba.

  • Che cos'è la tendinite rotulea?

La tendinite è una malattia infiammatoria che colpisce il tendine, ovvero la parte terminale di un muscolo, laddove questo si inserisce sull'osso.
La tendinite rotulea fa in parte eccezione a questa definizione, perchè le alterazioni degenerative prevalgono su quelle infiammatorie: è infatti caratterizzata da micro-rotture che avvengono nel contesto del tendine, soprattutto in prossimità della sua origine dalla rotula. La definizione di tendinopatia rotulea sarebbe dunque più appropriata.

  • Chi ne è colpito?

Le tendiniti rotulee sono perlopiù appannaggio dei giovani sportivi, nei quali esse si configurano come overuse syndromes, ovvero patologie da sovraccarico.
Questa malattia è anche nota come "ginocchio del saltatore" perchè spesso legata all'attività del salto. Giocatori di basket e volley ne sono frequentemente colpiti, soprattutto quando presentino una condizione anatomica nota come "rotula alta" o un mallallineamento del ginocchio (varo o valgo).

  • Come si manifesta?

La tendinite rotulea si manifesta con un dolore anteriore nell'area del tendine rotuleo. Il disturbo compare in principio solo durante l'allenamento, per recedere poi nelle ore successive. Con il tempo esso può cronicizzare, esacerbandosi ogniqualvolta il paziente salti o si pieghi sulle ginocchia (squat).

  • Quali esami sono utili?

La diagnosi di tendinite è esclusivamente clinica. A conferma di un preciso sopetto clinico, lo specialista può richiedere un'ecografia, che dimostrerà le caratteristiche lesioni tendinee (rotture, cisti, calcificazioni).

La tendinite, se trascurata, può condurre a lesioni più gravi?
La tendinite rotulea, essendo una malattia che coinvolge direttamente il tessuto tendineo, può favorire - se trascurata - un evento particolarmente sfavorevole, la rottura del tendine rotuleo, che richiede sempre una ricostruzione chirurgica.

  • Come si curano?

Tutte le tendiniti si giovano in fase acuta della sospensione dell'attività fisica per alcune settimane, dell'assunzione di farmaci anti-infiammatori e dell'applicazione di una borsa del ghiaccio a periodi alterni.
Quando questi presidi non siano sufficienti a garantire la duratura risoluzione del disturbo, bisogna ricorrere a programmi riabilitativi specifici, quali lo stretching del quadricipite (così da diminuire la tensione del tendine stesso). Terapie fisiche quali gli ultrasuoni, la laserterapia e la ionoforesi possono coadiuvare il processo di guarigione.
Eccezionalmente le tendiniti richiedono un trattamento chirurgico.


http://malattie-sorprese.blogspot.it/2012/05/tendinite-rotulea-ginocchio.html

Lesioni dei legamenti crociati - Ginocchio


  • Che cosa sono i legamenti crociati?

I legamenti crociati sono i principali responsabili della stabilità del ginocchio. Essi sono tesi tra il femore e la tibia e decorrono all'interno dell'articolazione. Prendono il nome di "crociati" perchè si incrociano al centro dell'articolazione.

  • A cosa servono?

I legamenti crociati anteriore e posteriore impediscono lo spostamento rispettivamente anteriore o posteriore della tibia rispetto al femore. Nel disegno sottostante si può osservare come un legamento crociato anteriore (l.c.a.) integro impedisca alla tibia di traslare in avanti. Non così un legamento rotto.
lca rotto

La direzione dei crociati, sghemba rispetto agli assi corporei, fa si che partecipino in modo determinante anche alla stabilità torsionale e medio-laterale dell'articolazione.

  • Come si rompono i legamenti crociati?

I crociati si rompono essenzialmente per traumi di tipo distorsivo. Il legamento crociato anteriore è più esposto al rischio di lesione.  

Spesso la rottura di un crociato si accompagna anche a lesione dei legamenti collaterali e dei menischi, costituendo così solo un elemento di un danno capsulo-menisco-legamentoso complesso.

  • Chi è più colpito?
Trattandosi di un tipico infortunio sportivo (calcio, sci...) , i soggetti più a rischio sono giovani e giovani-adulti attivi.

  • Come si manifesta?
In acuto la rottura di un legamento crociato si presenta di solito con un importante emartro, cioè un versamento di sangue che distende l'articolazione. Dolore ed impotenza funzionale dipendono sì dalla rottura legamentosa, ma anche dalle eventuali lesioni associate.  

Risolta la sintomatologia acuta in 2-3 settimane, se non vi sono lesioni associate, il paziente recupera buona parte della funzione articolare, ma residua quasi sempre una sensazione di instabilità che impedisce la pratica sportiva, soprattutto di quelle discipline che richiedono rapidi cambi di direzione o la corsa su terreni sconnessi.

  • Quali esami sono utili?

La diagnosi di lesione dei legamenti crociati è prettamente clinica. A conferma di un preciso sospetto clinico, lo specialista richiederà una risonanza magnetica, che dimostrerà l'interruzione parziale o totale dei fasci legamentosi e le eventuali lesioni associate.E' preferibile evitare di eseguire l'esame quando il ginocchio è tumefatto, perchè le immagini risulterebbero meno significative: quindi o lo si esegue subito dopo il trauma, oppure è bene attendere la risoluzione della tumefazione.

  • Può guarire un crociato lesionato?

Il legamento crociato posteriore, che è ben vascolarizzato, può cicatrizzare, purché non venga sollecitato per alcune settimane. Non può guarire, invece, il crociato anteriore, perché la sua vascolarizzazione è insufficiente a sostenere i processi riparativi. Una volta rotto, degenera irreversibilmente.
  • Come si curano?
Dal momento che il crociato posteriore (l.c.p.) può guarire spontaneamente, è importante che il trattamento d'urgenza del ginocchio traumatizzato sia idoneo: un'immobilizzazione in estensione per 5-6 settimane è necessaria a ottenere la cicatrizzazione del legamento (che in estensione è deteso). Successivamente si inizierà un programma riabilitativo per il recupero dell'articolarità. Solo in caso di persistente lassità posteriore sintomatica (spesso determinata da un tardivo riconoscimento della lesione), si ricorre alla ricostruzione chirurgica.  

Il crociato anteriore, non avendo possibilità di guarigione, non richiede provvedimenti specifici in urgenza: è sufficiente immobilizzare il ginocchio per alcuni giorni, fino alla diminuzione del versamento e del dolore, quindi è possibile riprendere gradualmente una vita normale. Quando l'emartro sia importante, lo specialista potrà decidere di pungere l'articolazione per evacuare la raccolta di sangue (artrocentesi) e ridurre i sintomi. Un programma riabilitativo finalizzato al potenziamento del quadricipite è fondamentale per restituire stabilità al ginocchio, vicariando in parte la funzione del legamento lesionato.  

Pazienti giovani o con esigenze sportive trovano nella chirurgia artroscopica ricostruttiva un trattamento specifico in grado di sostituire il legamento danneggiato con un innesto tendineo (prelevato in genere dallo stesso ginocchio, in particolare dalla zampa d'oca o dal tendine rotuleo). Sebbene i dati siano controversi, è ragionevole pensare che il trattamento chirurgico, ripristinando la "normalità" articolare, possa evitare una degenerazione artrosica precoce. Per questa ragione è oggi una procedura altamente raccomandata al di sotto dei 40 anni di età. Oltre questa soglia, la decisione dipende essenzialmente dal livello di attività sportiva del paziente, che, se sedentario, può convivere senza particolari disturbi con i postumi di questa lesione.

Lesioni meniscali - Ginocchio RMN lesione menisco




  • Che cosa sono i menischi?

I menischi sono fibrocartilagini a forma di semianello che si interpongono tra i condili femorali e i piatti tibiali. Ve ne sono due in ogni ginocchio, quello mediale (o interno) e quello laterale (o esterno).
L'immagine seguente rappresenta una sezione trasversale del ginocchio osservata dall'alto, in cui riconosciamo l'estremità superiore della tibia (piatti tibiali), i principali legamenti e i due menischi.
Mentre il menisco mediale ha una caratteristica forma a "C", quello laterale, più chiuso su se stesso, assomiglia ad una lettera "O". Entrambi hanno un margine libero rivolto verso il centro del ginocchio ed un bordo vincolato alla capsula articolare rivolto verso la periferia. Topograficamente, è utile distinguere in ciascun menisco un corno anteriore, un corpo ed un corpo posteriore:

  • A cosa servono?

I menischi hanno molteplici funzioni: innanzitutto aumentano la congruenza tra i condili femorali (convessi) e i piatti tibiali (sostanzialmente piani), distribuendo così il carico in modo uniforme su tutta la superficie articolare; partecipano alla stabilità del ginocchio in modo sinergico con il legamenti; migliorano la distribuzione del liquido sinoviale sulla cartilagine articolare, facilitandone così la nutrizione.
Si comprende dunque come la rimozione completa di un menisco possa provocare, nel lungo periodo, una degenerazione artrosica precoce.

  • Come si rompono i menischi?

I menischi si fratturano solitamente per traumi di tipo distorsivo. Una violenta rotazione del femore sulla tibia (che è vincolata a terra) a ginocchio semiflesso è il meccanismo traumatico più comune. In questo caso la rima di frattura è netta e può essere descritta in base alla sua localizzazione (corno anteriore, corpo, corno posteriore) e al suo decorso:

Rotture meniscali

Mentre le rime radiali sono sostanzialmente benigne, quelle longitudinali e quelle a flap, se sufficientemente estese, possono provocare la lussazione della porzione peduncolata di menisco. Questo si traduce, sul piano clinico, nel blocco dell'articolazione. Il rischio di lussazione è massimo in presenza di una lunga lesione longitudinale, che stacca un'ansa meniscale che, per la sua forma, viene detta "manico di secchio".
A volte il menisco non si frattura, ma si "sfrangia" in conseguenza dell'usura. Questa condizione, correttamente definita meniscopatia degenerativa, non è una rottura meniscale propriamente detta, ma una sorta di "anticamera" dell'artrosi. Il più delle volte in questi casi il paziente nemmeno ricorda un evento traumatico.

  • Chi è più colpito?

La rottura meniscale, essendo un tipico infortunio sportivo (calcio, sci...) , interessa prevalentemente giovani e giovani-adulti attivi, specialmente se praticanti sport di contatto.
Al contrario la meniscopatia degenerativa è una patologia tipica dell'età adulta e senile.
Sia per cause traumatiche, sia per cause degenerative, il menisco più spesso interessato è quello mediale: nel primo caso, perché è quello più vincolato, e quindi meno capace di adattarsi a sollecitazioni improvvise; nel secondo caso, perché è quello sottoposto a maggior carico.

  • Come si manifesta?

In acuto la rottura di un menisco si presenta di solito con dolore, impotenza funzionale e un versamento (gonfiore) che cresce nell'arco di alcune ore. Se la frattura ha dislocato una porzione di menisco che ostacola il movimento, il ginocchio può sviluppare un blocco articolare, che, se non si risolve spontaneamente entro qualche ora, richiede un trattamento chirurgico urgente. In assenza di frammenti lussati e dunque di blocchi meniscali, i disturbi vanno gradualmente scemando entro 2-3 settimane, ma vengono solitamente risvegliati quando la porzione lesionata del menisco viene sollecitata (es. la flessione massima provoca dolore in presenza di una lesione del corno posteriore del menisco mediale).
La meniscopatia degenerativa, al contrario, comporta di solito una sintomatologia subdola, con dolore dopo affaticamento e in massima flessione. Raramente si osserva un versamento significativo. Spesso i disturbi ricalcano quelli di una gonartrosi incipiente.

  • Quali esami sono utili?

La diagnosi di lesione meniscale è innanzitutto clinica. A conferma di un preciso sospetto clinico, lo specialista richiederà una risonanza magnetica, che costituisce l'esame più accurato per lo studio dei menischi.

  • Può guarire un menisco lesionato?

Il menisco è una struttura quasi completamente avascolare, cioè privo di vasi sanguigni, con la sola eccezione del margine periferico che si inserisce sulla capsula articolare. Questa situazione spiega perché il menisco non sia capace di processi riparativi. Una lesione meniscale, in pratica, non può guarire.

  • Come si cura?

Le fratture meniscali propriamente dette, ovvero quelle determinate da un trauma acuto su di un ginocchio in precedenza normale, meritano solitamente un trattamento chirurgico. Fanno eccezione alcune lesioni radiali perfettamente stabili che, superata la fase acuta della distorsione, non lasciano disturbi residui.
Il trattamento chirurgico è oggi prettamente artroscopico, e non comporta mai la rimozione completa del menisco (praticata in passato, con note conseguenze quali l'artrosi precoce), bensì la sua regolarizzazione (meniscectomia selettiva). Solo i frammenti instabili del menisco vengono asportati, mentre il tessuto sano viene scrupolosamente preservato.
In casi estremamente selezionati, ovvero rotture periferiche recentissime in soggetti giovani, è possibile eseguire la sutura della lesione, poiché la zona periferica del menisco è l'unica vascolarizzata e quindi capace di risposta riparativa. La protezione dal carico per 4-6 settimane e la successiva riabilitazione rendono inadatta questa metodica a pazienti che non siano fortemente motivati e collaboranti.

La meniscopatia degenerativa non richiede solitamente alcun trattamento chirurgico, che potrebbe anzi rivelarsi controproducente. La viscosupplementazione locale offre al contrario un notevole beneficio. Questa terapia, di competenza prettamente specialistica, viene eseguita mediante una serie di 3-4 infiltrazioni endoarticolari di preparati a base di acido jaluronico. La finalità della viscosupplementazione è il miglioramento della lubrificazione del ginocchio e del trofismo delle cartilagini.

La terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato a terapia chirurgica. La categoria farmacologica fondamentale è rappresentata dagli antiinfiammatori/antidolorifici, mentre alcuni integratori dedicati (preparati a base di glucosamine e composti analoghi) potrebbero avere un effetto benefico nel rallentare la degenerazione del tessuto cartilagineo, ma non vi sono ancora di studi adeguati che confermino questa ipotesi.
Nelle forme caratterizzate da una significativa deviazione assiale (ginocchio varo o valgo) e da iniziale sofferenza della cartilagine articolare, è possibile eseguire interventi correttivi (osteotomie) che, riallineando l'arto, arrestino o rallentino le alterazioni degenerative.  


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